sabato 26 aprile 2008

Resistenza, allora per liberarci oggi per riaffermare i valori della Liberazione da cui nacque la Costituzione

[Intervento di Aldo Tortorella pubblicato sul sito di Sinistra Democratica]

Non ho mai approvato l’enfasi retorica sulle date che, quando ero adolescente, si chiamavano “patriottiche”. E, dunque, non ho mai amato le celebrazioni del 25 aprile, quando esse assumevano un carattere puramente formale. Ma, oggi, questo pericolo non lo si corre. Ritorna un presidente del consiglio che il 25 aprile non lo ha mai festeggiato. Vanno al governo molti di coloro che lo hanno visto come un giorno di lutto, perché loro erano dall’altra parte. Furoreggia una letteratura che della Resistenza e della liberazione vede solo i lati foschi e gli errori, che ci furono, ma ignora o nasconde volutamente il loro significato essenziale: fu il riscatto di un Paese trascinato in una guerra non solo perduta, ma, soprattutto, animata da idealità negative. Il razzismo, la negazione della libertà, il dominio delle classi possidenti: questo era il nazismo e il fascismo.La Resistenza fu unitaria, dai monarchici ai comunisti: unità tra diversi ma non senza un sentimento comune e idealità comuni. Esse non consistevano solo in una avversione - l’essere contro al fascismo, al nazismo, all’invasore straniero – ma in un proposito positivo. L’idea è che bisognasse costruire un’Italia nuova, una democrazia nuova, non solo rispetto al fascismo ma rispetto a quella che aveva ceduto davanti al fascismo. Perciò la Costituzione dichiara l’Italia una repubblica democratica fondata sul lavoro. I costituenti, tutti quanti, meno i pochi che alla Costituzione furono avversi, sapevano bene che il fascismo non era nato dalle forze del lavoro ma dalle forze peggiori di un capitalismo arretrato e straccione e da una proprietà agraria ferma al latifondo e a contratti medievali. Perciò si proclama la priorità dell’interesse pubblico – e cioè di tutte e tutti – rispetto a quello privato – e cioè di chi più ha e più comanda. E perciò si afferma che l’iniziativa privata è sicuramente libera, ma non può svolgersi “in contrasto con l’utilità sociale e in modo da recare danno alla sicurezza, alle libertà, alla dignità umana”.E’ molto diverso – se non opposto - da quello che accade oggi, sotto i nostri occhi ma noi dobbiamo capire a partire dai non molti sopravvissuti tra coloro che parteciparono alla Resistenza, tra cui sono anche io, perché un così profondo mutamento – se non rovesciamento - di valori è oggi in atto. E’ certo vero che gli ex fascisti, per accedere al governo, hanno dovuto in una certa misura ripudiare almeno alcuni degli antichi convincimenti (il rifiuto della democrazia e l’antisemitismo – ad esempio) , ma non è meno vero che le idee di solidarietà sociale hanno largamente ceduto il posto all’ideologia della guerra di ciascuno contro tutti, a forme nuove di razzismo, al culto del danaro comunque accumulato. Siamo tornati, addirittura, all’attacco contro la libertà elementare delle donne di decidere sul proprio corpo. E’ un segnale, forse il più indicativo, non solo della velleità di ripresa di un becero maschilismo e di un modello patriarcale fuori del tempo, ma della volontà di attaccare la libertà come bene inscindibile dalla fraternità e dalla eguaglianza.Un ragazzo di oggi è distante dal 25 aprile del ’45 tanto quanto uno della mia generazione era lontano da Garibaldi e Cavour: e questi ci apparivano perduti nella nebbia del passato. Se io penso ai compagni che ho visto morire vedo i loro volti fermi in una giovinezza eterna e me ne commuovo e mi indigno per quei vecchi che li avessero dimenticati. Ma un giovane non li ha mai sentiti nominare, e in genere, non sa neppure lontanamente di che cosa si parla. Bisognerebbe che a scuola imparassero la storia, si dice. Ma se si pensa che la Repubblica nata dalla Resistenza sia la madre o la nonna del precariato giovanile e di un sistema di potere corrotto, necessariamente le nuove generazioni volgeranno lo sguardo altrove, anche al peggio. Coloro che mantengono la memoria della Resistenza hanno da dire la verità: non è questa società quella che volevamo. Questa realtà attuale e questa politica attuale sono il risultato del ripudio dei valori per cui la Resistenza al nazismo e al fascismo furono condotte. Ci si può incolpare di aver perduto ma allora bisogna cercare nuove strade e non cedere ad orientamenti che tornano a predicare quelle medesime idee che portarono il mondo alla catastrofe della seconda guerra mondiale. Il mondo globalizzato è minacciato da una nuova crisi economica. Non è paradossale che vinca la destra. Dalla crisi del 1929 uscì negli Stati Uniti Roosvelt, in Germania Hitler. Non è la stessa crisi e non è lo stesso mondo di allora. Ma i pericoli sono simili. La Resistenza non è più quella che portò al 25 aprile, ma quella che oggi va condotta contro la nuova edizione della destra e coloro che con essa vanno cercando di scardinare la Costituzione italiana.

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