martedì 14 ottobre 2008

Vattimo: "La verità è nel conflitto, non nel dialogo"

Un articolo di Barbara Beccaria dal sito dell'ANSA

TORINO - Oggi sarà l'ultimo giorno dietro la cattedra per il filosofo Gianni Vattimo che terrà la sua ultima lezione nell'Aula Magna del Rettorato dell'Università di Torino dal titolo "La verità e l'evento: dal dialogo al conflitto". Va in pensione, dopo 44 anni di ruolo.
Per l'ateneo torinese, per i suoi studenti e per i ricercatori che si sono formati con lui, ragionando dell'attualità del filosofo tedesco Heidegger, il suo pensatore di riferimento e del "pensiero debole", un concetto coniato da lui ed esportato nel mondo, quello di oggi sarà un addio non indolore. Vattimo é un'icona dell'Università di Torino che lo ha tra l'altro visto tante volte in prima fila nella battaglie più di sinistra, non ultima quella nata intorno alla decisione della Fiera del Libro di Torino dell'anno scorso di invitare ufficialmente Israele. Inutile dirsi che lui si era schierato dalla parte dei palestinesi, non certo contro gli ebrei, ma per dire, come sempre, che i più deboli, i più poveri hanno sempre ragione.
E che la "ragion di stato", quella che aveva portato, secondo lui, il governo italiano, tramite la Fiera, a festeggiare i 60 anni di Israele, fa ormai sempre più acqua. Un atteggiamento che anima anche il cuore dell' intervento in Aula Magna. "Oggi si parla tanto di dialogo - ha detto Vattimo - un concetto in bocca a tutti i potenti, in realtà nessuno fa niente davvero per cercare di dialogare con l'altro, con il nemico. Anche Bush ha detto di aver attaccato l'Iraq perché voleva il dialogo".
Per Vattimo "bisogna rilanciare il conflitto, in luogo di un dialogo-panacea che non serve a nessuno, bisogna avere il coraggio di stare da una parte, sperando che sia quella giusta. Ed io ora, so di stare dalla parte dei poveri e di chi non ha voce". Ancora una volta Vattimo, passato negli anni scorsi dal Pd al Pdci (poi abbandonato perché "troppo poco di sinistra") si schiera. "La lezione che ho preparato, l'ultima in questo ateneo che ho amato molto - ha aggiunto - sarà così una sorta di nuova Internazionale che finirà con il recupero di Marx. Ma un Marx molto scomodo, genuino, che i politici di oggi faticano a considerare perché troppo 'illuminato'".
L'addio non sarà privo di commozione, anche per un "freddo" come lui: "Brunetta permettendo io ho passato giorni e nottate in questa Università - ha detto - e l'unica cosa che mi sento di dire, è che adesso avrò più tempo per andare in giro per il mondo, nelle università e nei posti dove mi chiamano, per esempio partirò per le Canarie, poi sarò a Baltimora a fine mese". "Sono il classico 'cervello in fuga' - ha ancora scherzato il filosofo - d'altronde in questo paese l'Università pubblica sta morendo. La vogliono trasformare in un'impresa che fa profitti, imitando le università americane che mirano al denaro e non certo al bene collettivo. Anche le loro borse di studio sono un investimento economico perché mirate a quegli studenti capaci di inventare progetti, prodotti vincenti, che fanno fare soldi. Insomma, la cultura, il senso civile di una scuola è un'altra cosa".

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