martedì 9 marzo 2010

"Controcorrente" intervista Fioretti dei Comunisti Uniti

"Controcorrente - sinistra del PRC" intervista Andrea Fioretti dei Comunisti Uniti
da Resistenze, numero 26, Giornale di Controcorrente – sinistra del PRC
http://www.controcorrentesinistraprc.org/archresistenze.php

D. Comunisti Uniti nasce quando PRC e PDCI, reduci dalla catastrofe del secondo Governo Prodi, sembrano riflettere sui propri errori e “svoltare a sinistra”. Che bilancio dai di quella fase.
R. La perdita di consenso da parte dei due partiti comunisti ex-parlamentari viene da lontano e non è certo limitabile al solo loro appoggio alle politiche fallimentari e antioperaie dell’ultimo governo Prodi. Viene da almeno dieci-quindici anni di appoggi a governi locali e nazionali improponibili in cui si è accettato ogni mediazione pur di restare attaccati alle poltrone istituzionali. Non è una questione di sottovalutare le elezioni, ma qui si la tattica (elettorale) si è completamente sostituita alla strategia (la trasformazione sociale).
La scelta di partecipazione all’ultimo governo Prodi è uno sbocco coerente di questo percorso, ma ha portato alla distruzione pressoché completa della credibilità residua di PRC e PdCI. Con il crollo dell’ultimo governo di centrosinistra, questi partiti comunisti sono stati considerati addirittura più responsabili dell’Ulivo (ora PD) da parte delle masse, visto che proprio loro si erano presentati come “clausola di salvaguardia” per gli interessi dei precari, dei lavoratori salariati in generale e del movimento contro la guerra in quell’esecutivo filo-padronale. Questi motivi e il successivo sbocco meramente politicista dell’Arcobaleno hanno portato al tracollo elettorale dell’aprile 2008. E’ qui che matura la “svolta a sinistra” dei congressi, per arginare questo crollo verticale e cercare di recuperare un minimo di connessione coi sentimenti diffusi del cosiddetto “popolo della sinistra”.
Ovviamente, vi era un’opzione di “uscita” da questa crisi ancor più pericolosa che andava arginata e battuta: la liquidazione totale bertinottiana e vendoliana attraverso la costruzione di un partito genericamente di sinistra e geneticamente orpello del PD. Dentro questo contesto esce l’appello dei Comunisti Uniti che, al di là di tutte le differenti intenzioni che indubbiamente vi hanno lavorato, ha messo per la prima volta in connessione la convinzione diffusasi, sia in buona parte di PRC e PdCI che in tantissimi compagni della cosiddetta “diaspora”, che non esiste rilancio del ruolo dei comunisti in questa fase senza riconquistarsi un’autonomia dal quadro delle compatibilità imposte dal “governismo” e senza rimettere al centro dell’azione il conflitto di classe rispetto ai pur necessari passaggi elettorali.
Poi lo spazio politico per questa opzione di unità dei comunisti, non a caso, cresce molto negli ultimi mesi quando diventa chiaro che la “svolta” dei congressi non è affatto definitiva e, con la Federazione, si torna oggi a parlare di soggetti politici di sinistra alleati col PD e magari persino con l’UDC.

D. Dalle alpi alle piramidi gli accordi di governo tra la sinistra e il PD, talvolta allargati all’UDC, si moltiplicano. E la base dei due partiti spesso si ribella. Lo abbiamo visto in Liguria, Piemonte, Lazio, Basilicata.
R. Purtroppo sin dalla sua nascita, la Federazione della Sinistra si è presentata come un tentativo di costruire una mera coalizione elettorale. E nel fare questo si è guardato unicamente alla propria destra per occupare gli spazi di Sinistra e Libertà come interlocutore principale del PD. La subalternità a questo partito centrista, francamente ormai di stampo più social-liberista persino di quanto sia social-democratico, è dimostrata dal fatto che ci si è subito allineati alla sua tattica di avvicinamento all’UDC. Questo si è riflettuto anche in alcune alleanze locali nelle prossime regionali. Moltissimi compagni dentro e fuori PRC e PdCI si aspettavano dai congressi una svolta in senso opposto che portasse i comunisti ad essere “cuore dell’opposizione di classe” e non stampella di forze moderate liberiste e spesso colluse col malaffare. In queste elezioni regionali invece si va in alleanza col PD, non in base all’imposizione di punti di un programma minimo di classe, ma ovunque questo vuole e si va da soli solo dove le forze moderate non hanno voluto l’alleanza con la Federazione. Alla faccia dell’autonomia!
Era quindi logico (ma non scontato) aspettarsi una ribellione di circoli e sezioni, nonché federazioni intere. Così come all’esterno dei due partiti aumenta la sfiducia verso la Federazione e le prospettive in cui si va cacciando. Il movimento che si è creato attorno al rilancio dei Comunisti Uniti è certamente composto da parte di quelli che nei due partiti si stanno ribellando a questa nuova svolta moderata e da quelli che fuori vogliono costruire una prospettiva politica che dia un segnale di discontinuità con questo andazzo fallimentare. Anche perché le sorti dei comunisti di fronte alle larghe masse sono purtroppo comuni. Non basta fare le “anime belle” e dire “io con queste scelte non c’entro nulla”. Bisogna cominciare, rispettando le appartenenze di ciascuno, a costruire un’alternativa politica e gettare le basi per andare verso un Partito per tutti i comunisti ovunque collocati degno di questo nome.

D. In questo quadro, molto diverso da quello in cui siete nati, esce il secondo appello di Comunisti Uniti. Quali obiettivi vi proponete di ottenere in questa nuova fase?
R. Per ora l’obiettivo è diffondere il più possibile la lettera aperta, pubblicata su “il manifesto” il 21 gennaio scorso, e raccogliere quante più adesioni possibili coi nostri ridotti mezzi.
Nella lettera pubblicata sul sito www.comunistiuniti.it sono contenuti i “paletti” principali con cui vogliamo aprire poi dei gruppi di lavoro locali, delle “case comuni”, che mettano in collegamento questi compagni trasversalmente alle appartenenze politico-organizzative di ciascuno dando uno strumento di battaglia politica in più e non inventandosi un nuovo ennesimo partitino o organizzazione. Dobbiamo aprire una fase nuova che rompa col passato, pertanto rifiutiamo la dicotomia tra strade già provate e che hanno dimostrato non funzionare. Quella del semplice “entrismo” con l’accettazione passiva del meno peggio (sia il PRC, il PdCI o la Federazione) che porta sempre all’ancora peggio. Quella della divisione dell’atomo con il quale si operano scissioni infinite o creazione nuovi di micro-partitini con macro-rivoluzionari.

D. Un “controappello” dall’interno della Federazione vi accusa di utilizzare il malumore dei militanti di PRC e PDCI per fomentare posizioni “estremiste” che porterebbero all’isolamento dell sinistra.
R. Ne abbiamo parlato ma non siamo particolarmente colpiti da queste critiche. Non credo neanche si voglia fare un vero “controappello”. Sarebbe sciocco da parte degli estensori. Mi sembra più che si inseguano dei “fantasmi” dove non ci sono e che non si voglia leggere la fase attuale contestualizzando una serie di riferimenti teorici totalmente inefficaci se non calibrati nella situazione concreta. Infatti, in questa lettera di alcuni compagni dell’Ernesto e del PdCI, la parte che mi sembra sostanziale è quella dove, in sostanza, si da una copertura dotta al giudizio sulle alleanze e sulla federazione con un’accettazione della logica del “meno peggio”. Questo stravolge il senso sia del primo che del secondo appello di Comunisti Uniti. D’altronde la nostra valutazione sulle alleanze col PD non è data da un pregiudizio “ideologico” ma da una precisa analisi (che può non essere condivisa ma non mistificata) sulla natura di classe di questa formazione politica e sugli obiettivi che i comunisti ed il moderno movimento dei lavoratori salariati si dovrebbero dare in questa fase di resistenza alle ristrutturazioni padronali e governative. Al contrario continueremo a subire l’attuale egemonia reazionaria nella crisi del capitalismo senza svolgere un ruolo utile o necessario alla classe figuriamoci di esserne poi la parte avanzata in un fronte anticpaitalista!

D. A gennaio siete stati tra i promotori di un riuscito incontro nazionale di lavoratori di aziende in crisi. Come si legano “unità dei comunisti” e rappresentanza del mondo del lavoro e dei movimenti di lotta?
R. Quella riunione di lavoratori delle aziende in crisi venute da tutta Italia e appartenenti a differenti sigle sindacali (principalmente FIOM e CGIL e sindacalismo di base), in cui anche nostri delegati erano promotori, è stata un osservatorio interessante e l’incarnazione di parte di quanto andiamo dicendo sulla centralità del conflitto di classe. Non c’è unità dei comunisti se non la si vincola alla riconquista di un’autonomia di classe. E non c’è autonomia senza la costruzione di un’agenda politica autonoma, quindi non subordinata alle esigenze imposte dalla governabilità nazionale o locale, sulla difesa del salario (globalmente inteso, quindi anche della casa, dei servizi, delle pensioni, ecc..), difesa dei posti di lavoro, democrazia sindacale, ecc… Bisogna ripartire da quello che veniva chiamato “programma minimo di classe” e rimettere al centro dell’azione la costruzione di un vasto fronte anticapitalista. Essere utili a riconnettere le singole lotte in una piattaforma più ampia di resistenza sociale alla crisi e gettare le basi per un’alternativa di sistema e non di mero “governo”. Sulla base di questo e della formazione di un nuovo blocco sociale di riferimento si può parlare di quali “larghe alleanze” convengano o meno. Si possono affrontare tornate elettorali e quant’altro. Ovviamente, noi possiamo solo dare un contributo a rimettere insieme quanti più compagne e compagni possibile a fare questo lavoro. Non possiamo risolvere il problema a partire da noi. Il tema della non autosufficienza dei singoli spezzoni dell’attuale movimento comunista è per noi centrale.

D. Quando ci si propone di “unire i comunisti” ci si imbatte inevitabilmente nel problema dei riferimenti internazionali. Come pensate di affrontarlo?
R. Come dicevo, non possiamo “mettere le braghe al mondo” a partire solo dai Comunisti Uniti e risolvere a partire da noi tutti i problemi del movimento comunista. Oltretutto noi non siamo un partito ma un movimento e certe differenze continueremo ad averle anche al nostro interno. Di volta in volta analizzeremo e prenderemo la posizione più avanzata possibile da un punto di vista di classe nell’attuale fase. Sicuramente tenteremo di avere una visione antimperialista che ci porta a essere dalla parte dei popoli che resistono alle aggressioni imperialiste, sia sotto l’egida unilateralista USA che sotto quella multilateralista della UE. Partiamo intanto dal denunciare il ruolo del nostro paese nel gotha delle potenze imperialiste, chiedere il ritiro delle truppe militari, la chiusura della basi, la riconversione delle spese militari verso quelle sociali. E’ sempre facile prendere posizione su processi complessi che avvengono a migliaia di chilometri di distanza, molto meno lo è quando devi farlo sulle questioni che ti sono più vicine e che influenzano più direttamente il conflitto capitale/lavoro nel tuo paese.

lunedì 8 marzo 2010

Russo Spena: preoccupati e indignati

Siamo molto preoccupati e, per questo, molto incazzati, indignati. E ci ribelliamo
di Giovanni Russo Spena
editoriale su www.liberazione.it

La democrazia costituzionale, della cui crisi Liberazione ha fornito un paradigma interpretativo di contesto storico, sembra, ormai, svanita nello stato di eccezione permanente. Il decreto “salva liste Pdl” dimostra l’incompatibilità strutturale del berlusconismo con il sistema delle regole. L’impermeabilità alla stessa civiltà politica. Ci troviamo di fronte a un macroscopico abuso di potere della impunità (come ha scritto l’Economist, non Liberazione). Quando il sistema delle regole viene, per i potenti e solo per i potenti, subordinato alla “sostanza” (come ha affermato Schifani, seconda carica dello Stato, mentre Fini, terza carica dello Stato, questa volta ha taciuto), emerge il vero fondamento della politica delle destre: il plebiscitarismo populista che frantuma ogni sistema normativo che si frappone al rapporto fra il capo supremo e il popolo, considerato massa amorfa e inerte. Siamo giunti ad una forma fascistica della irriducibilità del potere alle regole della convivenza civile. E sono fasciste le parole di La Russa, Alemanno, Polverini, la tentazione della piazza per salvare interessi di parte. E’ un punto delicatissimo: le norme elettorali, che governano la formazione della rappresentanza, cioè della sovranità popolare, sono indisponibili per interpretazioni di parte. E’ stato scritto un precedente di gravità assoluta che trasforma la democrazia, nei comportamenti quotidiani, in procedura marginale che può essere relativizzata. Da oggi muta la percezione del rapporto tra cittadinanza e statualità: perché mai una ragazza che si presenta ad un concorso dovrebbe essere esclusa per errori nelle procedure richieste per l’ammissione? A questo livello di illegalità costituzionale occorrerebbe rispondere, se ne avessimo la forza, con il livello della disobbedienza civile organizzata. Occorrerebbe anche aprire una riflessione sui frutti amari a cui ci ha portato l’imposizione del sistema maggioritario con questa crisi devastante del bipolarismo. Spiace che il presidente della Repubblica, massimo garante della legittimità costituzionale, si sia piegato alle minacce fasciste di Berlusconi: la pavidità dei liberali e la sottovalutazione degli sfregi allo stato di diritto sono state, nella storia, spesso molto perniciose. Questo abuso di potere non è altra cosa rispetto all’emergenzialismo che nutre ogni atto della politica del governo: dalla scelta nucleare, alla privatizzazione dell’acqua e dei beni comuni, dalle leggi razziali alla concezione del “fare” come espressione della gerarchia aziendale che si vuole imporre al vertice del Paese. E’ il medesimo assolutismo padronale che, di fatto, abroga l’art. 1 della Costituzione, il lavoro come fondativo della democrazia repubblicana, attuato attraverso la norma approvata dalla maggioranza in Parlamento che calpesta processo del lavoro, statuto dei diritti dei lavoratori, leggi e contratti collettivi. Siamo solidali con Ferrero e Fantozzi che sono, per questo, in sciopero della fame, lotta per la democrazia, per le libertà e lotte sociali sono, nell’attuale grave contesto, più che mai indivisibili.

sabato 6 marzo 2010

Ferrero: Decreto Governo-Napolitano è un abuso verso la costituzione

Roma, 6 mar. 2010 – “Il decreto interpretativo adottato dal governo al fine di ‘sanare’, come riconoscono gli stessi ministri, inadempienze, errori e illeciti nella presentazione delle liste elettorali in Lombardia e Lazio a opera del centrodestra, è un abuso che fa scempio delle regole istituzionali e dei principi costituzionali”, Questa la durissima opinione del portavoce nazionale della Federazione della Sinistra e candidato alla presidenza della regione Campania, Paolo Ferrero.“Si tratta di un atto arbitrario, indegno della civiltà giuridica democratica; un provvedimento ad hoc che si infischia completamente di quel quadro condiviso di regole e della separazione dei poteri preposti alla loro vigilanza che costituiscono il presupposto di qualsiasi competizione elettorale regolare – continua il candidato alla presidenza della Campania – Ed è davvero avvilente e grave che una personalità rigorosa e specchiata, come il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, si sia resa partecipe, apponendo la propria firma al decreto governativo, di questa scandalosa violazione dei principi costituzionali, della dottrina giuridica, del valore della separazione dei poteri e della convivenza democratica”.Per Ferrero la firma di Napolitano è “un atto che riempie di amarezza”. Mentre il decreto del governo è “un intervento che riempie di preoccupazione”. Per questo la Federazione della sinistra ritiene che “tutte le forze democratiche e le energie intellettuali si debbano mobilitare da subito contro questo scempio nei confronti di quell’atto supremo della sovranità popolare che è il voto”. A tal fine Ferrero si rivolge “a tutte le forze politiche democratiche, alle organizzazioni sociali, alle forze dell’associazionismo, al mondo della cultura, alle energie intellettuali e della società civile per contrastare questo scempio dei diritti civili e democratici”.

approfondisci >>>